00 18/09/2007 01:32
Lavezzi si scusa «Volevo segnare»


Due reti alla seconda di campionato contro l’Udinese, un gol ieri: Marcelo Zalayeta segna ancora e non ha intenzione di fermarsi. «Contento, sono molto contento», sussurra uscendo dallo spogliatoio con la consueta espressione truce che si trasforma in un sorriso dolce quando incrocia moglie e figli nella pancia del San Paolo. Zalayeta segna, Napoli sogna, per gli avversari sono incubi veri quando c’è lui di fronte.

Ieri pomeriggio al San Paolo ha creato sette occasioni compresa quella della rete: e proprio il gol del vantaggio sulla Samp regala un’immagine precisa del suo cinismo, della cattiveria, delle capacità di far male che solo i grandi bomber sanno avere. Mentre la difesa della Sampdoria si impappinava, Zalayeta era lì a un passo, pronto a rubare la palla per prendersi beffa degli avversari: un guizzo da «panteron», il soprannome che lo segue da sempre e che lui porta con nonchalance. «Sono contento», ha detto laconicamente, in attesa che venga il suo turno di finire ufficialmente davanti a microfoni e taccuini.

Avrebbe voluto raccontare della traversa piena colta dopo venti minuti, del pericoloso colpo di testa che ha preceduto di sei minuti la rete, del destro calciato in chiusura di primo tempo e di quello scagliato a inizio ripresa. Tanti gol falliti per uno segnato, quello buono, quello del vantaggio. Tre reti in tre giornate, Zalayeta ha ritrovato il suo ritmo, la voglia grande. Pareva che l’addio alla Juve gli avesse tolto un pizzico di verve: non era vero.

Il panteron è tornato quello di una volta, il gigante d’ebano che si prende le sue responsabilità e, talvolta, ne paga anche le conseguenze. Accadde in fase di qualificazione ai mondiali con la sua nazionale, l’Uruguay: sbagliò il rigore decisivo contro l’Australia e disse addio a Germania 2006, ma si rimboccò le maniche e ricominciò a lavorare, e segnare. Come sta facendo oggi a Napoli.

E un gol avrebbe voluto ieri pomeriggio il «pocho» Lavezzi. Ha fatto spellare le mani al San Paolo per le sue invenzioni, per quel cambio di passo che manda in crisi gli avversari e li costringe a risolvere in qualche maniera, generalmente colpendo duro. Non ha segnato il nuovo idolo di Napoli, ma ha saputo duettare ancora una volta perfettamente con il compagno di reparto Zalayeta: si sono cercati, spesso trovati, e hanno riproposto una piccola parte del repertorio già visto a Udine.

Quando Reja l’ha chiamato fuori all’ultimo minuto, per consegnarlo alla standing ovation del San Paolo, Lavezzi non è stato in grado di sorridere finché non si è avvicinato all’allenatore per scusarsi di non essere riuscito a fare gol: roba da ragazzo perbene, oltre che da campione.
Inviato da Salvatore Fasano - Rassegna stampa (Il Mattino)