"Io, il Nedved di Napoli"
Si scrive Hamsik, ma si legge Nedved negli scatti che bruciano l’erba del San Paolo, negli allunghi che squarciano la difesa della Samdoria, nel palleggio lieve, leggero, elegante, nella battuta d’esterno, regala, che raggela la sponda doriana e manda in delirio il San Paolo: "Nedved è il mio idolo, sarebbe bellissimo diventare come lui. Ma io ho ancora vent’anni…".
E una carriera davanti per strappare una vaga somiglianza con quel fenomeno ceko che ancor’oggi s’incunea nei sogno di Marek Hamsik, il trottolino amoroso d’una Napoli che non crede ai propri occhi, che osserva quella squadra e da lei si lascia dolcemente cullare.
Si scrive Hamsik e si riscrive Hamsik, perché i novanta minuti dello slovacco rappresentano un inno alla giovinezza e al bel calcio, condiscono – con Zalayeta e Lavezzi – un pomeriggio di sano divertimento, finiscono per esaltare i cinquantamila del San Paolo e li trascinano sino alla standing ovation che celebra la rinascita d’un amore. "E’ stato favoloso, ho urlato come un mato, sono andato sotto la curva a mostrare la maglia perché la sento già mia, non mi pare vero. È un gol bellissimo, ma per me resta ancora più bello quello che ho segnato con il Brescia a Bergamo contro l’Albinoleffe, con un tiro a volo da trenta metri. Ma lì c’erano solo cinquecento tifosi al seguito".
E qui, quei cinquantamila che l’hanno mandato in estasi, l’hanno travolto con un uragano d’applausi quando è uscito dal campo, quando è andato a godere dell’abbraccio collettivo d’una città già pazza di lui: "E io sono pazzo di Napoli. E’ un gol che dedico ai tifosi, alla mia famiglia, alla fidanzata. E’ un gol che ho voluto, perché poco prima avevo sbagliato in maniera incredibile sul cross di Grava: lì dovevo andare con il piatto destro, invece mi sono tuffato a cercare l’impatto di testa al volo. Ma sentivo che sarebbe arrivato. Ero fresco, motivato".
SUPER LAVORO – Era reduce da centottanta minuti in Nazionale, era stato a un passo dalla panchina, era poi sembrato affaticato dopo una mezzora incoraggiante: "Ho preso fiato e sono ripartito". S’è seduto Bogliacino, s’è scatenato Hamsik: un tuffo modello Cagnotto – padre- per sfiorare il gol, un calcio d’angolo – modello Maradona – che per poco non finisce nell’incrocio opposto e per il quale serve il colpo di reni del portiere, un assist a Blasi – modello da designare - che per poco non inchioda Castellazzi e infine quel giochino all’interno dell’area, dopo aver avviato l’azione, aver ottenuto la chiusura sulla percussione: palla che dal destro scivola sul sinistro e l’esterno che va a pescare l’angolo lontano.
"Sono felicissimo, d’una felicità che non so raccontarvi. È stata una sensazione entusiasmante. La racconterò ai miei, che tra due settimane verranno qui, per vedermi davanti ai cinquantamila spettatori. Ora chiamo mio padre, dev’esserci, non può mancare". Livorno e Genoa già avvisati: un Hamsik da solo fa male, ma due?.
Inviato da Mencocco Fabio – Rassegna Stampa (corriere dello sport)